Letteratura

Torquato Tasso: vita e opere dell’autore

Chi era Torquato Tasso? Un riassunto della vita dell’autore e delle sue maggiori opere, come l’Aminta e la Gerusalemme liberata. Inoltre tantissime informazioni sulla poetica di Tasso e video informativi utili per conoscere al meglio la vita dell’autore, magari in vista di un’interrogazione.

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Torquato Tasso: riassunto della vita dell’autore

Il poeta che meglio interpreta la nuova sensibilità del periodo della Controriforma è Torquato Tasso. Il suo capolavoro la Gerusalemme liberata è un poema epico (Tasso lo definiva eroico) ispirato alla Prima crociata.
Tasso nasce a Sorrento nel 1544. Figlio di un poeta molto celebre per i suoi tempi Torquato Tasso ha un’infanzia segnata da continui spostamenti al seguito del padre in Sicilia, a Napoli, a Roma, a Bergamo, a Urbino, a Venezia e a Padova. Nel 1565 si stabilisce a Ferrara, alla corte del cardinale Luigi d’Este. Carattere appassionato e irrequieto scrive in questi anni poesie liriche ispirate da vari amori infelici, e un primo poema cavalleresco intitolato Rinaldo. Per 10 anni vive serenamente alla corte di Ferrara dedicandosi al grande progetto della Gerusalemme liberata.

Le opere e il suo capolavoro: trama della Gerusalemme liberata

Nel 1573 ottiene grande successo la sua opera teatrale Aminta. L’opera è un dramma pastorale, scritta in versi e ambientata in luoghi campestri. La trama ha come protagonista il pastore Aminta, innamorato della ninfa Silvia, che però non ricambia il suo amore e si dedica solo alla caccia. Nonostante Dafne cerchi di convincere Silvia a ricambiare l’amore per il pastore, Aminta confessa a Tirsi che sta pensando di uccidersi. Presso una fonte i due vedono un satiro intento a legare Silvia. Aminta allora libera la ninfa, mentre Dafne impedisce ad Aminta di uccidersi. Mentre i due parlano, si scopre che Silvia è stata sbranata da lupi durante la caccia. Aminta è pronto a suicidarsi dopo aver ricevuto la notizia, ma ricompare Silvia. Alla fine dell’opera, dopo il mancato suicidio del pastore, Aminta e Silvia sono finalmente insieme.

Due anni dopo la Gerusalemme liberata viene ultimata ma Tasso non è soddisfatto poiché teme di aver scritto un’opera contraria alle regole della controriforma. La sua inquietudine, accentuata dai contrasti con la corte Estense, porta il poeta a veri e propri eccessi di follia. Nel 1579 Torquato Tasso è rinchiuso in una prigione manicomio, a Sant’Anna, dove resta fino al 1586. In quegli anni il suo poema epico viene ripubblicato più volte, senza il consenso dell’autore e in versioni lacunose e scorrette. Ciononostante il suo successo è enorme. Quando Tasso finalmente viene liberato riprende a lavorare e riscrive il poema intitolandolo Gerusalemme conquistata. La nuova versione, maggiormente conforme ai precetti religiosi della Controriforma e priva degli elementi più romanzeschi, non incontra però il gusto della corte ferrarese. Torquato Tasso muore a Roma nel 1595.

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Il pensiero e la poetica di Torquato Tasso

La poetica di Tasso di basa sul voler creare un poema eroico moderno, basato però sui canoni dell’epica classica e ispirato alla poetica di Aristotele. La sua poesia è imitazione delle azioni dell’uomo, dove vengono analizzati i rapporti tra vero, verosimile e meraviglioso. Per Tasso la storia infatti appartiene al vero, mentre la poesia al verosimile. La poesia epica per Tasso deve rappresentare le azioni nobili e illustri, mentre gli eventi sono presentati non per come sono accaduti, ma per come dovrebbero essere.
L’obiettivo di Tasso è creare nel lettore, tramite la poesia, stupore e meraviglia, con uno stile sublime, che stava nel ricercare espressioni inconsuete, con un linguaggio ricco di figure retoriche. Nella sua poesia Tasso supera i modelli classici, creando una lingua complessa, con dialoghi che mostrano la sua volontà di aristocratico, ma anche la sua esperienza di prigionia.

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La pazzia dell’autore e le conseguenze nelle sue opere

A partire dal 1575 iniziano i primi segni di instabilità da parte di Tasso, che sente la sua opera, ormai pubblicata, non appropriata e completa. Nel 1577, sentendosi perseguitato cerca di uccidere un servo e viene relegato nel convento di San Francesco, da dove però scappa, per poi rientrare a Ferrara, dove durante i festeggiamenti nuziali di Alfonso d’Este fa esplodere la sua pazzia, fino a venir rinchiuso nell’ospedale di Sant’Anna, per sette anni. Durante la sua reclusione le sue opere circolano senza il suo volere, fino a quando Vincenzo Gonzaga non lo fa liberare nel 1586, per portarlo a Mantova. Per i nove anni successivi si sposta da una corte all’altra, dove ricomincia ad ottenere i riconoscimenti del suo lavoro.

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La lingua utilizzata da Tasso nelle sue opere

Come tanti autori prima di lui, anche Torquato Tasso affronta il problema della lingua. Nei tre libri “Discorsi dell’arte poetica” Tasso afferma che l’obiettivo dell’opera è quello di tracciare le linee guida per scrivere un poema che debba meravigliare il lettore, al punto da competere con le opere dei grandi classici, come Omero e Virgilio.  Il compito dell’autore è quindi quello di non cadere nel fantasticare ma restare legato alla realtà, in modo da incuriosire il lettore, utilizzando ad esempio digressioni, e uno stile elegante e ricco. Oltre ai grandi autori classici, Tasso si ispira a Dante e Petrarca, utilizzando spesso le figure retoriche, creando un linguaggio poco comune.

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