Arte

Masaccio: vita e opere del grande pittore rinascimentale

Chi è Masaccio, quali sono state le sue maggiori opere e il suo stile? Di seguito abbiamo raccolto tante informazioni su Masaccio, vita e opere del pittore protagonista del Rinascimento fiorentino.

Masaccio

Masaccio: biografia dell’artista

Tommaso di Ser Giovanni Cassai, meglio noto come Masaccio per la sua trascuratezza nel vestire, nacque a San Giovanni Valdarno nel 1401, da una famiglia benestante, che però dopo la morte prematura del padre dovette affrontare diverse difficoltà. Da giovane Masaccio e il fratello Tommaso, soprannominato Scheggia per il suo aspetto gracile, seguirono il mestiere di famiglia divenendo “cassai in Firenze”, lavoratori di cassoni. Masaccio proprio a Firenze iniziò il suo apprendistato, anche se non sono noti i maestri presso i quali lavorò. Sappiamo però che tra i modelli della sua pittura ci furono il suo socio Masolino da Panicale, meglio noto come Tommaso di Cristoforo Fini, Brunelleschi, dal quale apprese l’uso della prospettiva, Giotto, dal quale imparò la resa delle forme compatte e il senso del volume e Donatello, a cui si ispirò per le pose plastiche delle sue statue. Conscio delle sue capacità di artista il 7 gennaio 1422 si iscrisse all’Arte dei Medici e Speziali, e lo stesso anno realizzò la sua prima opera conosciuta e datata, il Trittico di San Giovenale, dipinto a tempere e oro su tavola e il suo primo dipinto Madonna col Bambino in trono tra due angeli per la chiesa di San Giovenale a Cascia a Reggello.

A partire dal 1423 iniziò a collaborare con Masolino, più anziano di lui, che lo prese in società conscio del suo talento nell’utilizzare la prospettiva in pittura. Nel 1425 invece Masaccio e Masolino, si recano a Roma dove iniziarono a lavorare agli affreschi della Cappella di Santa Caterina della Chiesa romana di San Clemente, lavori commissionati dal cardinale Branda, che furono portati a termine solo da Masolino, dopo la morte di Masaccio, avvenuta prematuramente a soli 27 anni, per cause ancora incerte; alcune testimonianze indicano un’agguato di banditi come causa della morte, altri un avvelenamento. Pur lavorando però pochi anni, dal 1422 al 1428, l’artista Masaccio ha lasciato un prolifico contributo tra i pittori fiorentini del 400, influenzando gran parte degli artisti del Rinascimento come Michelangelo e quelli successivi, come De Chirico.

Lo stile di Masaccio e la rivoluzione pittorica

Nelle sue opere Masaccio predilige raffigurare ambienti reali, con riferimenti ai luoghi da lui conosciuti e soprattutto dipingere come soggetto l’uomo, dando importanza a forme essenziali, alla resa plastica e alla drammaticità. Gran parte delle espressioni degli uomini raffigurati da Masaccio, mostrano la malinconia, l’agitazione, e anche quando si tratta di rappresentare bambini, come nel caso di Gesù, l’artista li coglie sempre in movimento e irrequieti, a simboleggiare un’infanzia sofferente e ansiosa, forse nel ricordo della sua infanzia, poco spensierata e fatta invece di sofferenze. I modelli delle sue opere sono persone della sua quotidianità, popolani, mendicanti, sempre rappresentati con volti cupi e ansiosi.
Così come i bambini e gli uomini, anche le rappresentazioni delle madri, e più in particolare delle Madonne, nelle opere di Masaccio, hanno sempre un’espressione addolorata, ma femminile e carica di umanità.
Tra le sue opere ci sono poi molti ritratti, come per la Sagra, un’opera perduta, in cui Masaccio si ispira probabilmente a bassorilievi visti a Roma nel suo viaggio durante il Giubileo.
Masaccio nelle opere abbandona lo stile tardo gotico, per puntare ad un realismo dato dalla fusione della sintesi volumetrica di Giotto e dalla plastica di Donatello.

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Le opere di Masaccio: analisi dei suoi capolavori

Di seguito abbiamo raccolto i capolavori di Masaccio, pittore simbolo del Rinascimento fiorentino:

  • Il Trittico di San Giovenale: opera del 1422, tempera su tavola a fondo oro realizzata in tre tavole, quella centrale, di dimensioni minori, rappresenta la Madonna in trono con Gesù Bambino che addenta alcuni acini d’uva e due angeli raffigurati di schiena, mentre le tavole laterali rappresentano i santi. Nella tavola di sinistra ci sono San Bartolomeo e San Biagio, su quella di destra San Giovenale e Sant’Antonio Abate. Ogni rappresentazione del dipinto ha un preciso significato iconografico:
    • la Madonna seduta sul trono con Gesù Bambino rievoca il simbolo di Maestà;
    • il grappolo d’uva sta ad indicare l’eucarestia;
    • San Giovenale è il santo a cui è dedicata la chiesa per la quale è realizzato il trittico;
    • Sant’Antonio è il protettore delle campagne, importante per i luoghi agricoli dove si fonda la chiesa che accoglie il trittico;
    • San Bartolomeo e San Biagio sono riconoscibili per gli oggetti che portano con sé; il primo ha un coltello simbolo del suo martirio, e il Vangelo di Matteo, il secondo lo strumento utilizzato per districare la lana. Entrambi forse sono rappresentati nel trittico perché legati alla famiglia di possidenti del posto, Carnesecchi e Castellani.

Trittico San Giovenale

  • L’adorazione dei magi: Masaccio realizza questo quadretto nato come predella del Polittico di Pisa, ed è caratterizzato dalla sobrietà, in contrapposizione allo stile tardogotico della pittura di artisti del suo tempo, come Gentile da Fabriano, noto invece per la celebrazione della vita di corte e delle sue ricchezze. Nella rappresentazione, su uno sfondo essenziale, si muovono i Magi, che sono giunti a rendere omaggi a Gesù bambino senza i preziosi ornamenti con cui siamo soliti vederli rappresentati. Al centro della scena appaiono due borghesi, probabilmente i committenti del dipinto, vestiti con abiti semplici e alla moda.

Adorazione dei Magi

  • Polittico di Pisa: tempera su tavola a fondo oro realizzata per la chiesa Santa Maria de Carmine, realizzato nel 1426. È un’opera formata da dieci pannelli con doppio registro, dei quali alcuni sono andati perduti. I pannelli, seguendo uno stile medievale, sono divisi ma legati tra loro dallo sfondo oro. I corpi, secondo lo stile di Masaccio sono massicci e voluminosi, la prospettiva è resa con un unico punto di fuga in tutti i pannelli, convergendo in quello centrale, dove sono raffigurati la Madonna con il Bambino.

Polittico di Pisa

  • San Pietro risana gli infermi con la sua ombra: affresco realizzato per la Cappella Brancacci a Firenze. Nell’opera Masaccio raffigura San Pietro e gli Apostoli che passeggiano, tutti con uno sguardo serio e controllato, circondati da infermi che vengono guariti da San Pietro. Fa da sfondo la città con le caratteristiche tipiche dell’arte del Quattrocento e una chiesa dallo stile classico, con le colonne di ordine corinzio. Dietro San Pietro è raffigurato Giovanni, che probabilmente ha il volto del fratello di Masaccio, Tommaso, mentre l’uomo dal berretto rosso potrebbe essere Masolino.

San Pietro risana gli infermi

  • Sant’Anna Metterza: nota anche Sant’Anna con la Madonna, il bambino e cinque angeli è una tempera su tavola centinata realizzata da Masaccio e Masolino. Nell’opera la Vergine viene raffigurata su un trono con in braccio Gesù Bambino, mentre dietro di lei c’è Sant’Anna che poggia la sua mano destra sulla spalla della Madonna, mentre alcuni angeli spostano il velo sacro di lato e lo sollevano. La scelta di rappresentare Sant’Anna è usuale per la città di Firenze, che venera la Santa in ricordo della libertà ottenuta il giorno dedicato alla Santa, dopo la cacciata del podestà-tiranno Gualtieri di Brienne, duca di Atene. Il termine Metterza invece può essere tradotto come “mi è terza”, a ripresa della posizione della Santa nel dipinto, in terzo piano dopo Maria e Gesù, ma non per questo meno importante; Sant’Anna ha infatti un’aureola più grande della Madonna, con la scritta “Sant’Anna è di Nostra Donna fastigio“.

Sant Anna Metterza

  • Cacciata dei progenitori dall’Eden: affresco della Cappella Brancacci in cui sono rappresentati l’idea di Adamo ed Eva di Masaccio che vengono cacciati dall’Eden dopo aver disubbidito a Dio, rappresentati nudi e indifesi, a differenza di come vengono descritti nella Bibbia, mentre un cherubino li porta all’esterno delle mura con una spada, in un paesaggio senza vita. In questo affresco, che rappresenta la cacciata dal Paradiso Terrestre, Masaccio lavora insieme a Masolino da Panicale, nel 1423, su commissione di Felice Brancacci I lavori dopo un periodo di pausa furono ripresi nel 1480 da Filippo Lippi, allievo di Masaccio. La decorazione della Cappella Brancacci, per volere di Felice Brancacci, fu iniziata da Empoli di Masolino, e continuata dal 1425 da Masaccio, per poi essere sospesi nel 1427, anno in cui l’artista partì per Roma, dove morì. Dopo la condanna all’esilio di Felice Brancacci nel 1436 alcuni affreschi della cappella furono distrutti e i lavori ripresero solo dopo il 1480, con il ritorno dei Brancacci in città. Nell’affresco c’è un magistrale utilizzo del chiaroscuro, utilizzato per dare drammaticità alle figure, grazie al contrasto tra luci e ombre, che donano volume ai corpi dei protagonisti, che appaiono armoniosi ed esprimono disperazione, in due modi diversi: Adamo coprendosi il volto, Eva coprendosi il corpo nudo. Al centro della scena ci sono Adamo ed Eva, ma l’Angelo non sembra relegato, ma spostato a sinistra fa comunque da protagonista. L’immagine non è simmetrica e i personaggi si muovono da sinistra a destra.

cacciata progenitori Eden

  • Pagamento del tributo: affresco conservato nella Cappella Brancacci, raffigurante tre momenti diversi in un’unica scena, in cui Cristo è al centro, Pietro è rivolto a sinistra e guarda Gesù, mentre intorno ci sono gli apostoli, tutti in abiti lunghi e con barbe folte, e un uomo di spalle che sembra chiedere qualcosa a Gesù, che indossa abiti corti. Gli altri momenti sono a sinistra quello in cui Pietro è chinato verso il lago, a destra quello in cui l’apostolo consegna qualcosa ad un uomo. Il tributo di Masaccio riprende un episodio del Nuovo Testamento inserendo un particolare di attualità, cioè il momento in cui a Firenze venne istituito il catasto, una tassa per i cittadini.

Il pagamento del tributo

  • La Trinità di Masaccio: in questo affresco, conservato nella Basilica di Santa Maria Novella, Masaccio realizza lo spazio tramite l’uso della prospettiva geometrica, con l’uso del chiaroscuro
    Con La Trinità, Masaccio aprì le porte alla pittura rinascimentale mettendo insieme le principali invenzioni figurative. Infatti lo spazio è descritto mediante l’uso di una solida prospettiva geometrica, le figure sono rese volumetriche dal chiaroscuro e le fisionomie diventano reali ed espressive. Masaccio nell’opera rappresenta la scena della crocifissione nella parte alta, mentre in basso si vede un sarcofago con un crocifisso al di sopra e la scritta “io fu’ già quel che voi sete, e quel ch’i’ son voi anco sarete. io fu’ già quel che voi sete, e quel ch’i’ son voi anco sarete”. A sostenere la croce di Cristo c’è Dio, mentre al di sopra lo Spirito Santo raffigurato come una colomba bianca. In basso invece ci sono Maria, San Giovanni e i due committenti dell’opera in preghiera. Masaccio con la Trinità vuole dare ai cristiani la spiegazione di come giungere alla vita eterna, partendo dalla morte (lo scheletro) fino ad elevarsi a Dio, passando per la preghiera, proprio come fanno i committenti, mentre Maria indica Gesù, ossia la via da seguire.

La Trinita

Il pittore Tommaso di Ser Giovanni Cassai fu denominato Masaccio per la sua trascuratezza nel vestire e nel poco interesse per i beni materiali come il denaro.

La prima opera di Masaccio è stata il Giovenale, opera del 1422, tempera su tavola a fondo oro realizzata in tre tavole, quella centrale, di dimensioni minori, con la Madonna e Gesù Bambino e quelle laterali con le raffigurazioni dei Santi Bartolomeo, San Biagio, San Giovenale e Sant’Antonio Abate.

La pittura di Masaccio è caratterizzata dal realismo nelle forme e dall'essenzialità. Nelle opere di Masaccio è predominante la rappresentazione dell'umanità nella sua drammaticità.

Masaccio appartiene alla corrente del Realismo fiorentino.