Letteratura

Giovanni Verga: vita, poetica e opere dell’autore

Chi è Giovanni Verga? Quali sono le sue maggiori opere? Di seguito abbiamo raccolto in un riassunto su Giovanni Verga tantissime notizie utili per conoscere al meglio l’autore e video informativi.

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Giovanni Verga: la vita dell’autore

Giovanni Verga è lo scrittore che ha meglio rappresentato le difficili condizioni delle classi più povere e derelitte dell’Italia di fine Ottocento. Nato a Catania, in una famiglia di proprietari terrieri, Verga esordisce giovanissimo come autore di romanzi di ispirazione patriottica e risorgimentale. La sua affermazione è però legata a opere di carattere diverso: trasferitosi a Milano, lo scrittore frequenta l’alta società e la descrive in opere di notevole successo, giocate su temi amorosi. A Milano, entra in contatto con altri intellettuali e scrittori, fra cui Luigi Capuana, siciliano come lui, che gli fa conoscere i grandi scrittori naturalisti francesi. In questa prima fase della sua attività, l’opera più riuscita è il romanzo epistolare Storie di una capinera, del 1871, che narra la patetica vicenda di una giovane costretta a farsi suora, che muore per amore. Si tratta di una storia che ricorda per molti aspetti quella di Geltrude, la Monaca di Monza, narrata da Manzoni nei Promessi Sposi, punto di riferimento per Verga.

Verga e il Verismo: la poetica

La produzione artistica di Verga può essere divisa in due parti: la prima parte comprende le opere preveriste, successivamente le opere veriste. I romanzi che precedono il Verismo, di carattere tardoromantico, sono romanzi che trattano il tema della patria e amori impossibili. A partire dalla novella Nedda, avviene nella poetica di Verga una rivoluzione, anche se la novella risente ancora dei temi tardoromantici. Nel 1877 Zola pubblica l’Assomoir, opera che cambia completamente il modo di scrivere di Verga. Da quel momento in poi, rinuncia ad esprimere all’interno delle opere il parere dell’autore, che diventa onnisciente. Il poeta inizia ad utilizzare la tecnica dello Straniamento, descrivendo le persone più umili, senza compatirle, sostenendo di aver trovato le opere per strada e di limitarsi a raccontare i fatti.

Secondo Giovanni Verga la società è guidata da leggi primitive: il progresso non ha fatto altro che rompere gli equilibri esistenti della civiltà contadina e introdurre un solo valore per gli uomini, il denaro. Il progresso è portatore della sconfitta. Nelle sue opere Verga descrive il mondo come animalesco, guidato solo dall’istinto, in una lotta continua gli uni con gli altri, dove l’unico punto di riferimento e di salvezza è la famiglia. A Verga si deve la teoria dell’ostrica, secondo cui l’uomo quando si allontana dalla sua famiglia o tradisce i valori va incontro alla stessa fine della dell’ostrica, che una volta separata dallo scoglio muore.

Altro tema importante trattato da Verga nelle sue opere è il tema della Roba, l’accumulo di ricchezze che non permette all’uomo di vivere una vita migliore e non lo salva dalla sconfitta. All’interno delle opere liriche infine è possibile ritrovare la sua delusione post risorgimentale. Prima dell’Unità, Verga è a favore dell’Unificazione, che crede possa risolvere i mali della Sicilia. Dopo l’Unità d’Italia invece, si rende conto che la situazione per la sua regione è dirittura peggiorata. La delusione politica di Verga è visibile in personaggio come Ntoni dei Malavoglia, soldato che muore durante il servizio militare introdotta dai Savoia.

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Oltre la poetica: le tecniche narrative e le differenze con il Naturalismo

La poetica di Verga si basa sull’oggettività. Il poeta sceglie di raccontare le storie dei suoi personaggi senza utilizzare il suo punto di vista, i suoi sentimenti o le sue opinioni. È il poeta dell’impersonalità, che guarda a distanza il mondo che descrive, cercandolo di restituire un’immagine quanto più veritiera possibile. L’autore quindi si allontana dalla realtà oggettiva e si differenzia dagli autori naturalisti come Zola. Non esprime giudizi, a differenza di Zola non giudica o commenta i fatti, che per Verga, che ha una visione pessimistica della vita, sono immodificabili. Per Verga il progresso è un fiume in piena che travolge coloro che non riescono ad adattarsi


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Riassunto delle maggiori opere di Verga: dai romanzi al teatro

Intorno al 1880 si colloca l’inizio di una nuova fase dell’attività narrativa di Verga. A partire da alcuni racconti, egli concentra la sua attenzione sugli esponenti delle classi più umili, come pastori, contadini, operai e minatori, le cui esistenze sono condizionate dalla miseria e dal bisogno, dalla fatica e dalla situazione di ingiustizia in cui vivono. Questi temi si accompagnano a nuove scelte espressive, ispirate ai naturalisti francesi: Verga adotta una narrazione impersonale, che esclude ogni commento e ogni giudizio da parte dell’autore, diventando così il principale esponente del movimento detto Verismo. Risalgono a questi anni alcuni dei capolavori di Verga, come Rosso Malpelo, i volumi Vita dei Campi del 1880, di cui fa parte la famosa novella La lupa, Novelle rusticane del 1883 e il dramma teatrale, messo in scena nel 1884, la Cavalleria rusticana, che narra la storia del militare Turiddu, che una volta tornato a casa trova la moglie Lola con Alfio. Facendo leva sulla gelosia della moglie, finge di corteggiare Santuzza, e il piano va a buon fine, fin a quando l’amante non rivela tutto ad Alfio che sfida e uccide Turiddu in duello. Inoltre nel 1883 pubblica Per le vie, opera che riprende i temi di Novelle rusticane, in chiave cittadina, raccontando della classe povera dei cittadini.

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Il Ciclo dei vinti: l’idea incompiuta di Giovanni Verga

Verga tra le opere progettò anche una serie di romanzi, fra loro collegati, per raccontare la società del suo tempo attraverso le vicissitudini di uomini che avevano inutilmente tentato di migliorare la propria condizione, spinti da ambizione o avidità. Il primo tassello di questo grande affresco, cui diede vita il nome di Ciclo dei vinti, è costituito dai Malavoglia, in cui Verga descrive le tragiche sorti di una famiglia di pescatori siciliani. Il secondo tassello è Mastro Don Gesualdo, opera che narra le vicende di un muratore, il Mastro, divenuto proprietario terriero e piccolo imprenditore, il don.

Il progetto si arresta però all’inizio del terzo romanzo, La duchessa di Leyra, incentrato sulla vita della figlia di Gesualdo, che rimase incompiuto, così come non videro mai la luce le altre due produzioni, L’onorevole Scipioni, che avrebbe dovuto trattare il tema dell’ambizione politica, e L’uomo di lusso, incentrato sull’ambizione artistica. Mentre le precedenti opere mondane, oggi quasi dimenticate, avevano reso lo scrittore un’autore di successo, le opere veriste sono, come le definisce Verga stesso, un fiasco completo: il pubblico non capisce la sua scrittura, i lettori, che appartengono nella maggior parte dei casi alle classi borghesi, non sono affatto interessati alla vita dei miserabili, né alle loro vicende sentimentali, che sono ritenute squallide e immorali.

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