Storia

Le riforme in Italia: Mazzini, Balbo e Cattaneo

Nel 1831 Mazzini fondò la Giovine Italia, un’organizzazione con l’intento di diffondere i principi democratici e repubblicani nella lotta per l’indipendenza dell’Italia e successivamente la Giovine Europa. Vediamo chi era Mazzini e che ruolo hanno avuto gli altri pensatori del tempo come Cesare Balbo e Carlo Cattaneo, nel riformare l’Italia.

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Perché i moti fallirono?

Il fallimento dei moti del 1820-1821 e del 1830-1831 resero evidente come l’azione della Carboneria non avrebbe realizzato l’indipendenza e l’unificazione della Penisola italiana. Infatti gli affiliati avevano riposto fiducia nel sostegno dei sovrani che in realtà erano inaffidabili. Inoltre la segretezza delle associazioni non permetteva il coinvolgimento della popolazione. Infine non vi era collaborazione tra le società segrete e non vi era sviluppata una lotta ben organizzata.

Chi era Giuseppe Mazzini? Il fautore della Giovine Italia

L’insuccesso dei moti rivoluzionari e l’azione inadeguata della Carboneria furono oggetto di riflessioni da parte di Giuseppe Mazzini, patriota e politico genovese. Da giovane Mazzini aveva aderito alla Carboneria, ma dopo essere stato arrestato nel 1830 fu costretto all’esilio e si trasferì a Marsiglia. In Francia entrò in contatto con alcuni democratici e comprese che i moti insurrezionali erano falliti poiché non avevano coinvolto il popolo. Dunque elaborò un nuovo programma politico che aveva come obiettivo un’Italia indipendente e unificata tramite la partecipazione diretta del popolo.

Nel 1831, a Marsiglia, Mazzini fondò la Giovine Italia, un’organizzazione che, pur agendo in clandestinità, rendeva pubblico il suo programma. Gli aderenti infatti dovevano divulgare i principi democratici e repubblicani tra la popolazione, favorendo l’educazione politica dei cittadini. La Giovine Italia si radicò nelle zone centro settentrionali della penisola e ad essa aderirono non solo borghesi ma anche artigiani e operai urbani, mentre a causa del diffuso analfabetismo continuò a rimanere escluso il ceto contadino.

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La Giovine Italia di Mazzini fallisce: si inaugura la Giovine Europa

Mazzini sosteneva che le insurrezioni guidate dai patrioti non sarebbero stati in grado di affrontare una guerra aperta contro gli eserciti dell’Austria e degli Stati assoluti italiani.  Quindi era necessario adottare una nuova strategia la guerriglia, detta anche guerra per bande, che tramite incursioni avrebbe stremato il nemico, che sarebbe rimasto disorientato di fronte a nuclei isolati che attaccavano di sorpresa. Tuttavia i moti mazziniani che esplosero tra il 1831 e il 1834 nella regione della Savoia, in Piemonte e in Liguria, si risolsero anch’essi in un insuccesso, a causa della scarsa organizzazione e della mancata diffusione degli ideali liberali e repubblicani tra i salariati e contadini. Ai fallimenti delle insurrezioni si aggiunsero numerosi arresti e condanne a morte e anche la Giovine Italia perse i suoi migliori esponenti.

Dopo essere stato espulso dalla Francia, Mazzini giunse a Berna, in Svizzera, dove nel 1834 fondò la Giovine Europa, un’organizzazione che faceva proprie le aspirazioni nazionali presenti in altri paesi europei. Poi, trasferitosi a Londra ricostituì la Giovine d’Italia ma si interessò soprattutto alle problematiche sociali  della classe proletaria. In seguito negli anni Quaranta, nonostante la disapprovazione dello stesso Mazzini, vennero organizzate altre insurrezioni come i moti di Romagna, che finirono represse nel sangue, e il tentativo di rivolta attuata nel 1844 dai fratelli veneziani Attilio ed Emilio bandiera. Essi disertarono e sbarcarono in Calabria per dar vita a una ribellione popolare contro il governo borbonico ma furono catturati e giustiziati.

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Nasce il movimento liberal-moderato

Dove fallimento dei moti mazziniani si rafforzò il movimento liberal-moderato. In questo modo oltre ai democratici repubblicani che sostenevano la necessità di atti rivoluzionari per raggiungere l’indipendenza e l’unità nazionale si aggiunsero al dibattito politico italiano i liberali moderati che respingevano le ribellioni violente e proponevano graduali riforme per rendere l’Italia indipendente e unita. Gli intellettuali liberal-moderati si interessavano non solo alla causa patriottica ma anche dei problemi legati all’economia, all’amministrazione e alla società della penisola italiana. Inoltre, a differenza dei democratici repubblicani, che vedevano nella Repubblica la miglior forma di governo, i liberal-moderati erano convinti che per l’Italia la soluzione più adeguata fosse il federalismo ovvero la creazione di una confederazione di stati italiani.

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La proposta di Gioberti: l’idea di un federalismo cattolico-liberale

Molti esponenti del movimento liberal-democratico consideravano la religione cattolica un punto di forza e di unione all’interno del popolo italiano. Nacque così il neoguelfismo, una corrente cattolica liberale. Il suo più illustre protagonista fu il torinese Vincenzo Gioberti, che proponeva una confederazione di stati italiani presieduta dal pontefice, mentre affidava al Regno di Sardegna l’organizzazione e la gestione dell’apparato militare. Tuttavia si trattava di un progetto irrealizzabile poiché prevedeva che Gregorio XVI, un Papa conservatore, condividesse gli ideali liberali.

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Balbo e Cattaneo progettano un federalismo laico

Il progetto federalista e neo guelfo di Gioberti favorì lo sviluppo di altre proposte politiche. Fra tutti emerse Cesare Balbo, il quale riteneva che a capo della confederazione dovesse esserci il Regno di Sardegna con i Savoia. Secondo Balbo, inoltre, il problema dell’egemonia austriaca nella penisola italiana, che era stato ignorato da Gioberti, poteva essere risolto tramite un accordo diplomatico. Secondo lui l’Austria avrebbe rinunciato a Lombardo-Veneto in cambio di territori dell’Isola balcanica, sottratti all’impero ottomano. Tuttavia anche questa soluzione era assai difficile da realizzare per i forti interessi dell’Austria nel Lombardo-Veneto.

Ancora diverso fu il federalismo proposto dall’intellettuale milanese Carlo Cattaneo il quale nutriva ideali repubblicani e democratici. Egli sosteneva il progetto di rendere l’Italia una confederazione repubblicana, sul modello di quella svizzera e statunitense. Il pensatore milanese era contrario ai progetti di Gioberti e di Balbo che ponevano a capo della confederazione il pontefice o il re di Sardegna, cioè rappresentanti dei governi assoluti. Inoltre Cattaneo prospettava l’istituzione di una confederazione di Stati Uniti d’Europa di cui l’Italia avrebbe fatto parte mantenendo, come ogni altro Stato aderente, una larga autonomia.

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Inizia la stagione delle riforme

Tra il 1846 e il 1847 in alcuni Stati italiani ci fu un periodo di riforme. L’inizio ci fu con l’elezione di Papa Pio IX che aveva mostrato interesse per il pensiero neo guelfo e voleva ammodernare la Chiesa. Il pontefice infatti introdusse diverse riforme di carattere liberale; ad esempio concesse un’amnistia ai prigionieri politici e ridusse la censura sulla stampa. Questi provvedimenti suscitarono l’entusiasmo dei liberal-moderati e sempre il Papa venne seguito dal granduca Leopoldo II di Toscana e dal nuovo re di Sardegna Carlo Alberto. In particolare in Piemonte, il sovrano avviò alcune riforme amministrative per rinnovare lo Stato e allentò la censura. Inoltre, in politica estera, si adottò una posizione sempre più ostile nei confronti dell’Austria e molti patrioti videro in lui la guida per la conquista internazionale.
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Il consolidamento del movimento liberal-democratico e le riforme promosse nello Stato pontificio, in Toscana e in Piemonte, nel frattempo, acuirono nel Lombardo-Veneto l’insofferenza nei confronti del governo austriaco, che si era rifiutato di concedere riforme liberali. Il 1 gennaio del 1848 allora i milanesi attuarono lo sciopero del fumo, cioè rinunciarono a fumare, in modo da danneggiare i guadagni dell’Austria che aveva il monopolio del tabacco. Al periodo di rinnovamento rimase estraneo anche il  regno delle due Sicilie, dove Ferdinando II mantenne un atteggiamento dispotico e violento nel e soffocare le rivolte popolari scoppiate nel 1847 a Messina e Reggio Calabria.

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