L’Illuminismo nella politica: Montesquieu separa i poteri dello Stato
Gli illuministi diedero grande importanza alla politica. Criticavano il potere assoluto e auspicavano una società dove si garantisse il benessere del popolo.
Per questo motivo alcuni pensatori elaborarono pensieri diversi riguardo la forma migliore di governo da attuare.
Charles-Louis de Secondat, meglio noto come barone di Montesquieu espresse il suo pensiero politico nella sua opera più celebre pubblicata nel 1748. Montesquieu con Lo spirito delle leggi espresse la divisione dei poteri presenti in ogni Stato:
- potere legislativo: che consiste nello scrivere le leggi;
- potere esecutivo: che consiste nel far applicare le leggi;
- potere giudiziario: che consiste nel far rispettare le leggi e punire chi le trasgredisce.
Secondo Montesquieu concentrare i poteri in un’unica persona come nel caso del dispotismo privava i cittadini della loro libertà. Lo stesso avveniva nella repubblica dove il popolo, al tempo stesso tempo sovrano e suddito, deteneva tutti i poteri: fare le leggi, farle applicare e controllare che fossero rispettate.
Montesquieu concluse che i tre poteri dovevano essere separati e affidati a organismi diversi che si controllassero e limitassero reciprocamente. Il potere legislativo doveva essere attribuito a un’assemblea rappresentativa o Parlamento, l’esecutivo al governo e il giudiziario alla magistratura. La forma di governo che meglio rispecchiava il pensiero di Montesquieu era la monarchia parlamentare inglese, dove i poteri divisi garantivano la libertà di ognuno.
Voltaire e la proposta del dispotismo illuminato
Durante l’Illuminismo una delle voci più autorevoli fu François-Marie Arouet, meglio noto come Voltaire, il quale riteneva che il potere non doveva essere affidato né al popolo, che con la sua ignoranza lo avrebbe rovinato, né ai nobili, interessati solo a difendere i propri interessi. Secondo il filosofo Voltaire la forma migliore di governo era il dispotismo illuminato, una forma di potere assoluto dove il despota, il sovrano, è guidato dalla ragione e governa tramite il progresso, il benessere dei sudditi e il funzionamento dello Stato. Nel Settecento molti sovrani apprezzarono le idee degli illuministi e incarnarono il modello del despota illuminato di Voltaire.
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Rousseau a favore della sovranità del popolo
Mentre gran parte degli illuministi riteneva che il progresso avrebbe portato un benessere diffuso, Jean-Jacques Rousseau sosteneva che l’istituzione della sovranità civile e la conseguente introduzione della proprietà privata avevano provocato gravi disuguaglianze e mali sociali, come il lusso e la corruzione. Per tale motivo per Rousseau era fondamentale rifondare la società sul recupero del passato, quando gli uomini erano liberi e uguali. Tale teoria fu espressa nel Contratto sociale del 1762 nella quale Rosseau sosteneva che i cittadini dovevano stringere un patto per abolire la proprietà privata e ristabilire la libertà e l’uguaglianza. In tal modo si sarebbe affermata la sovranità popolare, alla base della democrazia, nella quale la volontà del singolo coincide con quella della collettività. Il pensiero di Rousseau influenzò molto le successive stesure delle Costituzioni americane e francesi.
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Beccaria propone una riforma della giustizia
Oltre ad occuparsi di politica, gli illuministi affrontarono anche il problema dell’amministrazione della giustizia. All’epoca i processi infatti avvenivano in modo sommario e gli individui venivano giudicati in modo diverso, spesso torturati per ottenere confessioni.
Uno degli illuministi che si occupò della giustizia fu Cesare Beccaria, autore del trattato Dei Delitti e delle pene, scritto dal giurista nel 1764.
Beccaria sosteneva che un uomo non può essere giudicato prima della condanna e criticava la pena di morte e l’uso della tortura, una pratica inumana e uno strumento che non portava alla verità, poiché il condannato confessava colpe non commesse solo per non subire più supplizi.
Per Beccaria poi era necessario che le pene fossero proporzionali alle colpe e che avessero uno scopo rieducativo, per restituire alla società un individuo migliore, consapevole dei suoi sbagli.
Al posto della pena di morte infine il filosofo illuminista proponeva una lunga pena detentiva, durante la quale far svolgere al detenuto lavori forzati per riflettere sulle sue colpe.
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Durante l’Illuminismo nasce il liberismo economico
Gli illuministi infine si interessarono anche di economia, settore fondamentale per il progresso della società.
Tra questi lo scozzese Adam Smith è considerato il padre del liberismo, una dottrina fondata sulla libera iniziativa economica. Smith sosteneva poi che ognuno doveva essere libero di produrre e commerciare senza il controllo dello Stato, che imponeva tributi e dazi doganali per l’entrata e l’uscita delle merci dai propri confini. Smith proponeva un libero mercato nel quale tutti potessero scambiare, vendere e comprare merci senza vincoli.
Di conseguenza la libera concorrenza imposta tra i produttori, avrebbe perfezionato la qualità della merce dal momento che gli acquirenti avrebbero comprato il prodotto migliore.
Inoltre la libera concorrenza avrebbe comportato l’abbassamento dei prezzi, dato che i consumatori sarebbero stati attratti dai prodotti più convenienti.
Infine secondo Smith l’interesse personale degli imprenditori avrebbe di conseguenza favorito il benessere collettivo dato che essi avrebbero reinvestito la ricchezza guadagnata in nuove attività produttive, che avrebbero incrementato posti di lavoro e creato nuove ricchezze.
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