Il 1848: una svolta nella Storia europea
L’ondata rivoluzionaria del 1848 venne provocata da due elementi comuni:
- la crisi economica che aumentò disoccupazione e la miseria, specie tra il 1846 e il 1847, che accrebbe ovunque il disagio sociale;
- il rafforzamento dei moti liberali, che si battevano contro i poteri assoluti e per l’indipendenza e l’unità nazionali.
Le rivoluzione del 1848 coinvolsero molti Stati e videro la partecipazione delle masse popolari urbane.
In Francia nasce la Seconda Repubblica
La crisi economica aveva peggiorato le condizioni di vita del popolo francese. Per tale motivo il re Luigi Filippo d’Orleans aveva adottato una politica conservatrice. Tale politica prevedeva che il diritto di voto era riservato ai ceti più alti e la libertà di stampa e di associazione era limitata. Così, quando il 22 febbraio 1848 le autorità parigine proibirono una riunione politica pubblica, il popolo iniziò una rivolta. Nelle strade furono innalzate barricate e scoppiarono scontri armati che portarono Luigi Filippo ad abdicare. Gli insorti istituirono un governo provvisorio al quale parteciparono per la prima volta due esponenti socialisti che proclamarono la Seconda Repubblica. Il governo introdusse il suffragio universale maschile, abolì la pena di morte per gli atti politici e stabilì la libertà di stampa e associazione. Successivamente fissò a 10 ore la giornata lavorativa e creò gli atelier nationaux, ovvero “officine nazionali”, che, poste sotto il controllo dello Stato offrivano lavoro a molti disoccupati.
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La Seconda Repubblica è controllata dai moderati
Il governo provvisorio dovette affrontare molte difficoltà: gli atelier nationaux suscitarono l’opposizione dei borghesi imprenditori e degli operai delle imprese private che vedevano nelle fabbriche statali una minaccia loro lavoro, già colpito duramente dalla crisi economica. Nell’aprile 1848, inoltre, le elezioni per l’Assemblea costituente segnarono la sconfitta dei democratici e il rafforzamento della corrente moderata. Di conseguenza i moderati decisero la chiusura degli atelier nationaux, provocando la ribellione degli operai parigini, rimasti senza lavoro.
La repressione venne fermata duramente ma, per timore di una rivoluzione socialista, i moderati approvarono una costituzione sul modello di quella statunitense nella quale il potere esecutivo fu attribuito al presidente della Repubblica, eletto ogni quattro anni dai cittadini, mentre il potere legislativo fu affidato all’assemblea che aveva il ruolo di Parlamento. Il 10 dicembre 1848 alle elezioni presidenziali venne nominato Luigi Napoleone Bonaparte come conservatore, figlio di un fratello di Napoleone.
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Luigi Napoleone III restaura l’Impero
Luigi Napoleone restaurò l’impero nel 1851, e con l’appoggio dell’esercito attuò un colpo di stato, sciolse l’Assemblea legislativa e fece scrivere una nuova costituzione che prevedeva la durata di dieci anni del mandato presidenziale, riservando al presidente il diritto di proporre le leggi. Nel 1852 Luigi Napoleone con un plebiscito proclamò la restaurazione dell’impero denominato Secondo impero dopo quello di Napoleone. Inoltre assunse il titolo di imperatore con il nome di Napoleone III, includendo così nella successione anche il figlio di Napoleone I, che era morto in Austria.
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L’impero asburgico fu travolto dalle rivoluzioni
Il 13 marzo 1848 l’insurrezione arrivò a Vienna.
Qui una manifestazione organizzata da studenti e da lavoratori, che chiedevano riforme per porre fine al governo assoluto dell’imperatore, si trasformò rapidamente in una rivolta, sedata soltanto con l’intervento dell’esercito. La sommossa spinse però l’imperatore Ferdinando I a rimuovere il cancelliere Metternich dal suo incarico e accettare la formazione di un’Assemblea costituente, formata da borghesi che abolirono la servitù della gleba. Intanto la notizia della ribellione di Vienna aveva raggiunto gli altri territori dell’impero, dove erano sempre più pressanti le rivendicazioni dei diversi popoli, che aspiravano alla libertà e all’indipendenza dell’Austria. Esplosero così moti rivoluzionari a Praga, a Budapest, a Milano e Venezia nel Lombardo-Veneto.
Il governo austriaco reagì con l’invio dell’esercito che soffocò le insurrezioni liberali, anche grazie alle divisioni sorte all’interno di movimenti nazionali. Inoltre nel dicembre 1848 Ferdinando I abdicò in favore di suo nipote, il diciottenne Francesco Giuseppe che avrebbe regnato fino al 1916. Il giovane imperatore emanò una nuova costituzione poco liberale, e mantenne solo l’abolizione della servitù della gleba. Nel 1867 poi, per non compromettere la stabilità dell’impero, Francesco Giuseppe concesse ampia autonomia all’Ungheria facendo nascere l’impero austro-ungarico, formato da due Governi e due Parlamenti. Entrambi i regni avevano in comune il sovrano che era al tempo stesso imperatore d’Austria e il re di Ungheria.
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Scoppia la rivolta nella Confederazione germanica
I moti di Parigi e di Vienna diedero nuove esperienze ai movimenti liberali tedeschi che si battevano per ottenere una costituzione e raggiungere l’unificazione politica del territorio, organizzato dopo il Congresso di Vienna in una confederazione di 39 Stati. Nel marzo 1848 iniziarono i primi tumulti a Berlino, capitale del regno di Prussia, e di conseguenza Federico Guglielmo IV dovette convocare un Parlamento per eleggere un’assemblea per redigere la costituzione. Tuttavia, poco dopo, il sovrano contrario al rinnovamento liberale dello Stato, sciolse l’assemblea e promulgò una costituzione conservatrice. Nel frattempo le sommosse arrivarono anche negli altri Stati tedeschi dove gli esponenti liberali ottennero la convocazione dell’assemblea costituente formata da tutti i rappresentanti degli Stati, con lo scopo di affrontare la questione dell’unificazione.
L’Assemblea si tenne a Francoforte e la soluzione al problema nazionale vide contrapposti due gruppi:
- i membri della Grande Germania che sostituiva la formazione di uno Stato tedesco unificato con a capo l’Austria;
- i sostenitori della Piccola Germania che intendevano creare uno Stato tedesco guidato dal regno di Prussia con l’iscrizione dell’Austria dai domini asburgici.
Tra i due membri prevalse la Piccola Germania e nell’aprile 1849 si offrì la corona a Federico Guglielmo, il quale rifiutò per timore di una dura reazione da parte dell’Austria. Il rifiuto causò lo scioglimento dell’Assemblea e scatenò diverse ribellioni facilmente represse. Pertanto venne ripristinato l’ordinamento della Confederazione germanica.
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Il 1848 in Italia: i moti risorgimentali iniziano in Sicilia
Una tappa fondamentale del Risorgimento furono le insurrezioni che nel 1848 si susseguirono in Italia. Infatti all’inizio di quell’anno in tutti gli Stati italiani aumentarono le tensioni e si fecero sempre più forti le richieste di liberal-moderati e dei democratici repubblicani che cercavano la costituzione. Il 12 gennaio 1848 a Palermo scoppiò un moto rivoluzionario contro il governo repressivo dei Borbone; in particolare gli insorti rivendicavano l’indipendenza chiedendo la concessione di una costituzione. La sommossa dilagò nel resto del Regno delle Due Sicilie e soprattutto a Napoli.
Pertanto, re Ferdinando II dovette accordare una costituzione, sul modello di quella francese del 1830. Questi avvenimenti suscitarono manifestazioni in tutta la Penisola, dove Leopoldo II di Toscana e Papa Pio IX concessero a loro volta le costituzioni nei rispettivi Stati. Il 4 marzo 1848, in Piemonte, Carlo Alberto promulgò lo Statuto Albertino, una carta costituzionale che sarebbe stata adottata nel 1861 dal nuovo Regno d’Italia, per poi rimanere in vigore fino al 1948. Lo Statuto Albertino prendeva a modello la Costituzione francese del 1830 e quella belga del 1831 e prevedeva l’istituzione di due camere: il Senato e la Camera dei deputati. Alla prima appartenevano i membri nominati a vita dal re, alla seconda i membri eletti da un suffragio ristretto basato sul censo. Lo Statuto Albertino inoltre proclamava larghe libertà di stampa e di associazione e garantiva tolleranza religiosa agli ebrei e ai protestanti valdesi, anche se il cattolicesimo venne dichiarata religione dello Stato.
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Venezia e Milano contro gli Austriaci: le Cinque giornate di Milano
La rivolta scoppiata a Vienna nel 1848 a marzo, provocò le insurrezioni di Venezia e di Milano, entrambe sotto il dominio austriaco del Lombardo-Veneto.
I moti in Italia iniziarono il 17 marzo, a Venezia, quando una dimostrazione popolare obbligò il governatore austriaco a liberare i detenuti politici, tra cui il patriota Daniele Manin, capo dei democratici. Poco dopo, insorsero gli operai dell’arsenale militare, che ottennero l’appoggio di molti ufficiali veneti della marina asburgica. La ribellione si estese alla terraferma veneta e i contingenti austriaci furono costretti a ritirarsi. Il 20 marzo venne istituito un governo provvisorio, guidato da Manin, che proclamò la ricostituzione della Repubblica Veneta.
Il 18 marzo insorse Milano, in una rivolta che durò cinque giorni e che passò alla storia come le “Cinque giornate di Milano“. La popolazione milanese affrontò, in ripetuti e sanguinosi scontri la guarnigione austriaca, comandata dal maresciallo Joseph Radetzky. Nelle strade della città vennero innalzate barricate e le operazioni vennero dirette da un Consiglio di guerra formato da democratici e guidato da Carlo Cattaneo. Il 22 marzo venne istituito un governo provvisorio e Radetzky, bloccato con le sue truppe dalle barricate e preoccupato da un possibile intervento dell’esercito piemontese a favore degli insorti, abbandonò Milano. Quindi, si ritirò con i suoi contingenti nel “quadrilatero”, formato dalle fortezze di Mantova, Peschiera, Verona e Legnano. L’insurrezione milanese si concluse quindi con un successo e Milano fu liberata dagli Austriaci.
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