Storia

Napoleone III , Bismarck e Alessandro II: Francia, Germania e Prussia per l’Unificazione tedesca

In Francia Napoleone III migliorò l’economia e partecipò alla Guerra di Crimea, firmando dopo un’alleanza antiasburgica con il Regno di Sardegna. La Prussia conobbe un grande progresso industriale e il consolidamento della borghesia. Il cancelliere Otto Von Bismarck diede invece inizio alla Guerra austro-prussiana con l’obiettivo di creare la Confederazione germanica. In Russia, infine, lo zar Alessandro ii diede un’impronta riformista abolendo la servitù della gleba. Ripercorriamo le fasi al potere di Napoleone III, Bismarck e Alessandro II, durante gli anni dell’Unificazione tedesca.

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In Francia Napoleone III è alla guida del Secondo Impero

Durante il Secondo impero Napoleone III esercita il potere in modo autoritario, limitando le libertà individuali per indebolire qualsiasi opposizione. Tuttavia, comprese che per avere stabilità politica, era necessario il consenso dei suoi sudditi. Così si interessò allo sviluppo dell’economia e della finanza, soprattutto dell’industria, con il finanziamento di grandi opere pubbliche. Inoltre modernizzò il settore agricolo e riuscì a ottenere, oltre all’appoggio della borghesia industriale e finanziaria, anche quello della popolazione rurale. Inoltre per arginare la diffusione degli ideali rivoluzionari socialisti tra il proletariato urbano, rese illegali le associazioni sindacali e riconobbe il diritto allo sciopero.

Infine formò un governo costituito da tecnici, perlopiù ingegneri ed economisti che contribuirono a rendere la Francia uno Stato forte e progredito. Napoleone III adottò una politica aggressiva, per restituire prestigio alla Francia. Nel 1853, quindi, intervenne nella guerra di Crimea contro la Russia, con l’obiettivo di estendere il controllo francese sul Mediterraneo. Tuttavia al Congresso di pace di Parigi nel 1856 a Napoleone III non vennero riconosciute conquiste concrete, ma ebbe comunque una parte importante nella firma dell’alleanza militare antiasburgica con il Regno di Sardegna. In realtà l’imperatore sperava di estendere l’influenza francese sull’Italia, ma i sui progetti fallirono quando, alla fine della Seconda guerra d’indipendenza, il Piemonte annetté i territori dell’Italia centro-settentrionale. Infine durante il Secondo impero venne incentivata la politica coloniale nel Sud-est asiatico, in particolare in Indocina.
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La Prussia diventa una grande potenza

Dopo la seconda metà dell’Ottocento la Prussia ebbe una formidabile ascesa, che l’avrebbe portata a esercitare la sua egemonia sull’Europa centrale e diventare una delle più forti potenze del continente. Il Paese fu interessato da un forte progresso industriale, grazie alla miniere di ferro e carbone nella regione occidentale della Ruhr e in quella orientale della Slesia. Di conseguenza, le industrie siderurgiche e meccaniche si svilupparono molto velocemente, favorendo il consolidamento di una ricca borghesia urbana. Essa ambiva a formare uno Stato nazionale tedesco, che unisse i territori della Confederazione germanica. Il ceto sociale più importante del Paese restava quello formato dai grandi proprietari terrieri, chiamati Junker, nobili dalle idee conservatrici che ricoprivano alti gradi sia nell’amministrazione sia nell’esercito, anche loro favorevoli all’idea di stati tedeschi uniti in una Germania unificata.

Secondo i Junker infatti la presenza di uno Stato forte e unito avrebbe garantito il prestigio militare della Prussia a livello internazionale.
Il governo prussiano era poi conservatore, autoritario e dava molta importanza al settore militare, specchio della potenza dello Stato. Diversamente dalle monarchie conservatrici di Austria e Russia però, la Prussia poteva contare su un forte sviluppo industriale, un moderno apparato di vie di comunicazione che agevolarono i traffici commerciali, su un altissimo numero di persone alfabetizzate e sul profondo sentimento nazionale, nato durante il dominio napoleonico.

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Bismarck progetta l’unificazione della Germania

Nel 1862 il nuovo sovrano prussiano, Guglielmo I, nominò cancelliere il conte Otto von Bismarck, conservatore, esponente dei Junker, destinato a diventare il protagonista della politica europea della seconda metà del XIX secolo.
Una volta assunta la carica, Bismarck si pose come obiettivo quello dell’unificazione nazionale della Germania. Nel 1864 la Prussia, con l’aiuto dell’Austria, riuscì a prendere dalla Danimarca i Ducati di Schleswig e Holstein, che passarono sotto l’amministrazione prussiana e austriaca.
Successivamente però Bismarck, consapevole che l’Austria rappresentava un ostacolo all’unificazione tedesca, decise di entrare in conflitto con l’Impero asburgico. Avviò allora diverse trattative diplomatiche, per prepararsi allo scontro, assicurandosi l’alleanza del Regno d’Italia e la neutralità della Francia e della Russia.

Successivamente Bismarck fece occupare militarmente il ducato di Holstein. Nel giugno 1866 iniziò la Guerra austro-prussiana, che si concluse solo poche settimane dopo con la vittoria dell’esercito prussiano nella battaglia di Sadowa, in Boemia. La pace di Praga decise lo scioglimento della Confederazione germanica e la fine dell’influenza asburgica sui territori tedeschi.
Inoltre l’Austria dovette cedere il Veneto al Regno d’Italia. Infine, venne istituita la Confederazione della Germania del Nord, comprendente gli Stati tedeschi settentrionali e governati da Guglielmo I.

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Alessandro II di Russia: le riforme dello zar

Mentre la Prussia era in pieno sviluppo, nella seconda metà del XIX secolo la Russia era uno dei paesi più arretrati d’Europa. Infatti era rimasto estraneo al processo di industrializzazione e il 90% della popolazione lavorava nel settore agricolo.
Inoltre più di 20 milioni di contadini erano anche servi della gleba, lavoravano la terra come schiavi e insieme con essa potevano essere venduti e comprati, passando da un proprietario terriero all’altro. La Russia, poi, era l’unico Stato che non aveva introdotto alcuna assemblea rappresentativa e il potere assoluto era esercitato da uno zar, che amministrava e controllava il territorio dell’impero tramite un apparato burocratico e di polizia.
Nel 1855 divenne zar Alessandro II, che diede un’impronta riformista al governo.

Al potere egli concesse un’amnistia ai prigionieri politici e introdusse riforme nella scuola, nel sistema giudiziario, nell’esercito e nella burocrazia, allo scopo di modernizzare la Russia.
Nel 1861 lo zar varò la sua riforma più importante ossia l’abolizione della servitù della gleba, con la quale i contadini-servi ottennero libertà e uguaglianza giuridica rispetto agli altri cittadini russi. Inoltre potevano riscattare le terre che avevano lavorato, in modo da diventare piccoli proprietari. Le somme di denaro utili per acquistare i terreni, tuttavia erano molto alte rispetto alle dimensioni degli appezzamenti, che non permettevano quindi larghi guadagni. Solo pochi contadini quindi riuscirono a riscattare le terre, mentre la maggior parte formò il proletariato rurale, alle dipendenze dei grandi proprietari terrieri. Di conseguenza, nelle campagne di formarono tensioni e insofferenze.

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La repressione dell’Impero russo: la nascita del populismo

Il periodo di riforme attuato da Alessandro II terminò presto. Infatti il malcontento delle popolazioni rurali suscitò nelle campagne diversi disordini, che furono fermati nel sangue dall’esercito zarista. Nel 1863 i Polacchi scatenarono insurrezioni per ottenere maggiore autonomia dal governo russo, ma lo zar fermò nuovamente i disordini.
Successivamente nel Paese l’operato della polizia e della censura venne intensificato per prevenire altre ribellioni.

Tuttavia i giovani intellettuali iniziarono a disprezzare il regime zarista, favorendo alla nascita del populismo, un movimento nato con lo scopo di coinvolgere le masse rurali per migliorare le loro condizioni di vita. L’obiettivo consisteva nel costituire, tramite una rivoluzione, una società di contadini fondata su ideali socialisti. Le popolazioni delle campagne rimasero però indifferenti ai tentativi dei populisti, che per sfuggire alla persecuzione zarista continuarono in modo clandestino la propria attività. L’opposizione al governo repressivo dello zar culminò nel 1881 quando, Alessandro II morì in un attentato.

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