Storia

La terza guerra d’indipendenza: cause e cronologia dei fatti

La Terza guerra d’indipendenza iniziò nel 1866 e vide l’Italia alleata alla Prussia contro l’Austria. Nonostante le sconfitte italiane, la guerra fu vinta dai prussiani e il Regno d’Italia ottenne il Veneto. La destra si occupò poi del contrasto con la Santa sede per la sovranità su Roma, giungendo a un accordo con Napoleone III, protettore del Papa. Tuttavia dopo la sconfitta della Francia nella guerra franco prussiana, il governo italiano organizzò una spedizione contro Roma che divenne il 20 settembre 1870 capitale d’Italia, quando le truppe di bersaglieri, attraverso Porta Pia, entrarono in città. Di seguito tante informazioni sugli avvenimenti della Terza guerra d’indipendenza, la questione romana e i fatti che portarono alla breccia di Porta Pia. Un riassunto con video utili e curiosità.

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Il completamento dell’Unità d’Italia: scoppia la Terza guerra d’indipendenza

Ai governi della destra rimaneva da risolvere il difficile problema del completamento dell’Unità d’Italia. Infatti dovevano ancora essere annessi allo Stato italiano il Veneto, il Trentino, la Venezia Giulia sotto il dominio dell’Austria, e Roma e il Lazio che formavano lo Stato della Chiesa. L’Italia non disponeva di forze militari sufficienti per dichiarare guerra all’impero austro-ungarico, tuttavia l’occasione arrivò nel 1866, quando il cancelliere prussiano Bismarck, che stava per attaccare l’Austria, propose all’Italia un’alleanza contro il nemico comune. In questo modo il cancelliere si assicurava che l’esercito austriaco fosse impegnato su due fronti e che così si trovasse in maggiore difficoltà.

Lo Stato italiano accettò e nel giugno dello stesso anno iniziò la terza guerra d’indipendenza. Il conflitto mostrò la scarsa capacità organizzativa dei comandanti dell’esercito italiano, che per questo motivo venne sconfitto a Custoza il 24 giugno 1866 e, successivamente, nella battaglia navale di Lissa, il 20 luglio 1866. Solo Garibaldi che guidava la brigata dei Cacciatori delle Alpi, sconfisse gli austriaci a Bezzecca in Trentino. Tuttavia la Prussia battè definitivamente l’Austria nella battaglia di Sadowa e così la pace di Vienna permise all’Italia di ottenere il Veneto ma non il Trentino e la Venezia Giulia. Le spese militari sostenute per la Terza guerra d’indipendenza causarono gravi problemi finanziari al paese, mentre le pesanti sconfitte militari suscitarono malcontento e delusione nell’opinione pubblica.

Dopo la Terza guerra d’indipendenza italiana si affronta la questione romana

La Destra storica doveva occuparsi anche della spinosa questione romana, cioè il contrasto tra lo Stato italiano e la Santa Sede per la sovranità di Roma. Già Cavour infatti nel marzo 1861, aveva simbolicamente proclamato Roma capitale del Regno italiano, anche se la città faceva ancora parte dello Stato pontificio. Roma sarebbe stata la capitale ideale per due motivi: innanzitutto per la sua posizione centrale nella penisola e poi per il suo passato glorioso. Papa Pio IX però aveva condannato l’annessione dei territori della Chiesa al Regno d’Italia e non voleva rinunciare al potere temporale sul Lazio e su Roma. Di conseguenza aveva rifiutato ogni tentativo di raggiungere un accordo diplomatico con il governo italiano.

Inoltre Roma e la Santa Sede godevano della protezione di Napoleone III che presidiava la città con un contingente militare. Per questo motivo lo Stato italiano esitava a organizzare una spedizione nello Stato pontificio. Nel 1862 tuttavia, alla testa di 2000 volontari, Garibaldi sbarcò in Calabria con l’obiettivo di raggiungere Roma. Fu però fermato dal governo italiano che temeva l’intervento della Francia. La destra cercò allora un accordo con l’imperatore francese che si concluse nel 1864 con la Convenzione di settembre. Essa stabiliva che Napoleone III avrebbe ritirato le sue truppe da Roma entro due anni e il governo italiano avrebbe rispettato i confini dello Stato pontificio. A garanzia di ciò nel 1865 il governo trasferì la capitale da Torino a Firenze. In seguito nel 1867 Garibaldi organizzò un’altra spedizione su Roma ma venne sconfitto a Mentana nei pressi della città.

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Il Regno d’Italia annette Roma e il Lazio: la Breccia di Porta Pia

Dopo la caduta di Napoleone III, sconfitto dalla Prussia nella guerra franco prussiana, il governo italiano decise di non rispettare i patti della Convenzione di settembre e inviò così un contingente armato nel Lazio. Il 20 settembre 1870 le truppe di bersaglieri aprirono un varco nelle mura della città e dopo mesi di scontro con l’esercito pontificio, attraverso Porta Pia entrarono a Roma, dove furono accolti dalla popolazione (avvenimento noto come breccia di Porta Pia). Dopo alcuni giorni venne indetto un plebiscito che sancì con grande maggioranza l’annessione del Lazio e di Roma al Regno d’Italia. Dopo 12 secoli,  dunque, terminava il potere temporale dei pontefici. Solo nel 1871 la capitale venne trasferita a Roma perché lo stato italiano preferì prima regolare i rapporti con il Papa, tramite la legge delle Guarentigie, delle garanzie.

Lo Stato assicurava al Papa il potere spirituale e la sovranità sui palazzi del Laterano, del Vaticano e sulla villa di Castel Gandolfo. Inoltre il pontefice poteva avere un corpo di guardie armate ed essere libero di comunicare con i rappresentanti degli altri paesi. Infine il governo italiano offrì al Papa una somma di denaro annua che però papà Pio IX rifiutò dichiarandosi prigioniero in Vaticano e scomunicando coloro che avevano organizzato la breccia di Porta Pia. Il pontefice ribadì la sua opposizione al governo italiano con l’enciclica Non expedit che vietava ai cattolici di partecipare alla vita politica dello Stato. Questo documento ebbe grandi ripercussioni su molti cattolici che si sentivano combattuti tra l’obbedienza al pontefice e il desiderio di partecipare alla vita politica italiana.

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