Storia

L’Inghilterra e i suoi problemi: dalla questione irlandese al problema indiano

Dopo la Prima Guerra Mondiale e la crisi del 1929, l’Inghilterra dovette affrontare diversi problemi dovuti alla richiesta di indipendenza dei suoi domini. Ripercorriamo i fatti che portarono alla questione irlandese e al problema indiano, con protagonista Gandhi. Un riassunto chiaro con video esplicativi.

questione irlandese

La crisi economica in Inghilterra dopo il 1929

L’Inghilterra nel dopoguerra visse lunghi anni di crisi. Il paese non riusciva ad adattarsi alle nuove necessità economiche; a causa della concorrenza di altri paesi in Europa, in Asia, in America erano diminuiti notevolmente la produzione e le esportazioni. Il costo della vita intanto era notevolmente aumentato: l’industria carbonifera si trovava in serie difficoltà a causa della concorrenza dell’energia elettrica e del petrolio. La crisi provocava una disoccupazione crescente: questa non esisteva durante il conflitto, ma nel 1920 raggiungeva la cifra di 1.200.000 disoccupati e nel 1921 toccava la cifra record di 2.500.000 disoccupati. La crisi del 1929 colpì un paese già in difficoltà: solo dopo il 1936 si ebbe una ripresa notevole; con un aumento delle esportazioni e una sensibile diminuzione della disoccupazione.

La questione irlandese: che cos’era e come si risolse?

Già dal 1916 gli estremisti irlandesi del Sinn Fein conducevano una lotta serrata all’Inghilterra. Nelle elezioni del 1918 i rappresentanti irlandesi eletti si rifiutarono di sedere ai Comuni a Londra e costituirono a Dublino un Parlamento nazionale irlandese, che proclamò l’indipendenza. La repressione inglese fu dura, ma inutile. Nel 1921 fu necessario riconoscere la costituzione dello Stato libero d’Irlanda (Eire), con un suo governo, un suo Parlamento, un suo esercito, una sua diplomazia, una sua lingua (il gaelico): solo un governatore, come nei Dominions, rappresentava la corona britannica. E tale rimase la situazione fino al 1937, quando l’Eire divenne una repubblica indipendente del tutto: solo il nord-est protestante dell’isola (Ulster) rimase legato a Londra.

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L’impero coloniale e l’indipendenza dell’Egitto dall’Inghilterra

La guerra confermò il predominio inglese sui mari, in seguito all’eliminazione della flotta tedesca ed ampliò il dominio coloniale inglese a danno dei tedeschi. Essa ebbe tuttavia effetti negativi sull’Impero coloniale dell’Inghilterra. Ad evitare violente rivolte, nel 1922 fu necessario riconoscere l’indipendenza quasi totale dell’Egitto; re Faud seppe mantenere buoni rapporti con l’Inghilterra, del cui aiuto aveva bisogno e tenne ben a freno i nazionalisti accesi. Nel 1936 l’Egitto ottenne una totale indipendenza e firmò un trattato di amicizia con l’Inghilterra, che si limitò a controllare il Canale di Suez. Intanto ai suoi Dominions (Canada, Sud Africa, Australia, Nuova Zelanda) che già godevano di notevole autonomia, l’Inghilterra concedeva nel 1925 la piena indipendenza politica: il legame di essi con l’Inghilterra era in sostanza costituito dalla Corona. L’impero si era trasformato in Commonwealht, cioè una Confederazione di Stati eguali e pienamente sovrani fondata sull’adesione volontaria.
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Il problema indiano: Gandhi, il promotore della non violenza

La colonia inglese che diede molto da fare all’Inghilterra fu l’India: qui il partito nazionale aveva fatto molti seguaci. Lo guidava un avvocato, Gandhi, detto dai suoi seguaci Mahatma, grande anima. Egli aspirava a fare dell’India un Paese indipendente e a sollevare le classi povere dalle condizioni miserabili in cui vivevano. Per ottenere ciò lottò lunghi anni, facendo ricorso alla «non violenza». Così nel 1935 l’Inghilterra accordò all’India una Costituzione abbastanza liberale, primo passo verso l’indipendenza ottenuta nel 1947.

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