Elsa morante: la vita dell’autrice
Elsa Morante nacque a Roma nel 1912, si fa conoscere nel 1941 con la raccolta di racconti, Il gioco segreto e con la favola, Le bellissime avventure di Caterì dalla trecciolina, con cui entra a far parte del mondo letterario romano. Dopo aver sposato lo scrittore Alberto Moravia, si dedica quasi esclusivamente alla scrittura letteraria pubblicando quattro importanti romanzi. Il primo nel 1948, Menzogna e sortilegio, e il secondo nel 1957, L’isola di Arturo. A questi seguirono poi la raccolta di poesie, Alibi (1958) e la riscrittura della favola di Caterina pubblicata poi con il titolo, Le straordinarie avventure di Caterina (1959).
L’attenzione per i bambini, definiti da Elsa Morante “salvatori di un mondo soggiogato dal potere”, è un tema affrontato nel suo terzo romanzo, La storia (1974). A questo segue l’ultima opera narrativa della scrittrice, Aracoeli (1982). La Morante, è stata una delle figure più importanti del mondo culturale romano del secondo dopoguerra. Sebbene abbia pubblicato racconti, saggi, poesie e fiabe, deve la sua importanza principalmente ai romanzi, in cui parla di una visione della vita, animata dalla pietà per tutte le vittime del dolore e della violenza. Elsa Morante muore a Roma nel 1985.
Temi e caratteristiche delle opere di Elsa Morante
La produzione letteraria di Elsa Morante, rispecchia bene la società novecentesca, per due importanti aspetti: sia per le tematiche affrontate nelle sue opere, che per gli elementi che la legano alla tradizione letteraria. Sebbene si aggrappi a queste condizioni, abbastanza comuni tra gli autori del Novecento, la Morante, allo stesso tempo porta una grande innovazione stilistica e letteraria. L’autrice conferisce alla letteratura una funzione sociale, grazie ad essa infatti lo scrittore poteva denunciare i mali della società, le ingiustizie, la corruzione e la violenza. Il linguaggio usato nelle sue opere è vario, la scrittrice infatti si sposta dal linguaggio lirico, alle espressioni dialettali.
I temi più importanti presenti nelle opere di Elsa Morante, sono:
- la mancanza di senso della storia, meccanismo questo che porta alla sconfitta dei più deboli (innocenti, bambini, adolescenti) come accade nel romanzo, la storia;
- il dolore, per la perdita di persone care;
- la rievocazione del mondo dell’infanzia, che porta sia verso un complesso rapporto tra genitori e figli, come racconta nel romanzo, L’isola di Arturo, sia verso un luogo che funga da riparo dai dolori.
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Elsa Morante e l’Isola di Arturo: riassunto breve
Dopo il grande successo del romanzo Menzogna e sortilegio (1948), a distanza di quasi dieci anni, Elsa Morante vince il Premio Strega, grazie alla stesura di un secondo romanzo, L’Isola di Arturo del 1957. Il protagonista del romanzo è Arturo Gerace, un ragazzo orfano di madre, e che soffre per l’assenza del padre, Wilhelm, sempre impegnato in viaggi di lavoro. Il ragazzo vive sull’isola di Procida con la sua cagnolina. Un giorno però la sua vita cambia, perché conosce la nuova sposa del padre, Nunziatella. Dapprima, il protagonista sprezza il padre e le sue scelte, perché vede la sua nuova sposa, come un ostacolo che si frappone tra lui e la figura paterna, ma anche come la figura femminile intenta a sostituire l’immagine della madre, a cui era molto legato. Successivamente trascorrendo molto tempo in compagnia di Nunziatella, a causa della continua assenza del padre, Arturo si invaghisce e si innamora di lei. Dopo mille esitazioni e sensi di colpa, Arturo sarà costretto a riconoscere la vera natura di suo padre e ad abbandonare l’isola, simbolo del paradiso infantile, per affrontare l’età adulta.
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La storia: analisi del romanzo di Elsa Morante
Con il romanzo, La storia, Elsa Morante propone una narrazione, cui affidare un ruolo pedagogico attraverso l’impianto romanzesco tradizionale e una scrittura privata di scabrosità. Lo conferma la struttura del romanzo: a ogni capitolo si antepone un’ampia cronologia di avvenimenti avvenuti tra anni dal 1941 al 1947. La storia pubblica degli oppressori è opposta a quella privata degli oppressi, “i piccoli”. Gli oppressi descritti da Elsa Morante, sono qui rappresentati dalla maestra Ida Ramundo e da Useppe, il suo “bastardello” avuto dopo la violenza subita da un soldato tedesco. Ida e Useppe attraversano i tragici avvenimenti storici (le leggi razziali contro gli ebrei, lo scoppio della guerra, le deportazioni, la miseria) con angoscia e leggerezza, estranei alla “Storia”. Su di loro, che rappresentano l’umanità umile ed emarginata, si infrange costantemente la violenza, con continue sopraffazioni e con ripetuti soprusi.
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