Storia

Il governo di Crispi e il primo governo di Giolitti

Nel 1887 diventò capo del governo Crispi, che scelse un approccio autoritario e consolidò la politica coloniale. I contrasti sorti a causa delle spese eccessive, richieste dall’espansione coloniale, portarono Crispi alle dimissioni e alla salita al potere di Giolitti, che dovette affrontare la crisi economica e le proteste dei fasci siciliani. Dopo Giolitti tornò al potere Crispi il quale attuò una dura repressione e rilanciò la politica coloniale. Le truppe italiane vennero però sconfitte dall’esercito etiope. Di seguito tante informazioni sulla politica di Crispi e sul primo governo di Giolitti. Un riassunto chiaro con video esplicativi.

crispi giolitti

Il successore di Depretis, Crispi, un politico autoritario

Nel 1887 diventò capo del governo il siciliano Francesco Crispi, uno degli esponenti di spicco della sinistra moderata, che in passato aveva sostenuto le idee democratiche e partecipato alla spedizione dei Mille. Al potere Crispi scelse un approccio autoritario: rafforzò i poteri del Governo, e aumentò il controllo dello Stato sull’amministrazione pubblica. Inoltre nel 1888 varò la riforma della sanità e della pubblica assistenza, che non erano più gestite della Chiesa, ma passavano sotto il controllo dello Stato. Nel 1889 e poi introdusse un nuovo codice penale, il codice Zanardelli, dal nome del Ministro della Giustizia. Il nuovo codice aboliva la pena di morte e riconosceva il diritto di sciopero. Tuttavia questa innovativa riforma fu integrata con la legge di pubblica sicurezza che affidava alla polizia ampi poteri, tra cui la sorveglianza speciale e il domicilio quatto. Infine Francesco Crispi consolidò la politica coloniale: i domini italiani in Africa orientale furono organizzati con il nome di colonia eritrea e fu avviata l’espansione verso la Somalia.

Il primo governo di Giolitti: proteste e scandali nella sua politica

I contrasti sorti per le spese eccessive della politica coloniale voluta da Crispi portarono nel 1892 al governo il piemontese Giovanni Giolitti, che aveva fatto carriera nell’amministrazione statale. Giolitti dovette affrontare la crisi economica che colpiva i ceti popolari, e la nascita in Sicilia dei fasci siciliani, un movimento di protesta che, pur non ricorrendo alla violenza, contestava le tasse troppo alte, denunciava il mal governo locale e chiedeva terre da coltivare oltre a contratti agrari più equi. Infine Giolitti si trovò coinvolto nello scandalo finanziario della Banca romana e fu costretto a dimettersi dall’incarico.

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Crispi ritorna al potere e prova a conquistare l’Etiopia

Alla fine del 1893 ritornò alla guida del governo Crispi, che attuò subito in Sicilia una dura repressione militare contro le agitazioni dei lavoratori. Poi, nel 1894 fece promulgare un insieme di leggi per limitare le libertà di stampa, di riunione e di associazione, con lo scopo di colpire il partito socialista, che pochi mesi dopo fu dichiarato fuorilegge. Questi provvedimenti però non riuscirono a estirpare gli ideali socialisti che erano da tempo radicati dalle basi popolari. Crispi, inoltre, rilanciò la sua aggressiva politica coloniale. Infatti già nel 1889, durante il suo primo governo, era stato stipulato tra lo Stato. Italiano e l’impero etiope il trattato di Uccialli. Esso fu scritto in due versioni, in italiano e in lingua etiope, che però non erano identiche.

Pertanto mentre l’Italia credeva che il documento riportasse il riconoscimento ufficiale del protettorato italiano sull’Etiopia, il sovrano etiope pensava che fosse un semplice patto di collaborazione. Così quando nel 1895 le truppe italiane ricominciarono a penetrare in Etiopia, furono sconfitte sul monte Amba Alagi. Poi, nel 1986, vicino ad Adua, il contingente italiano attaccò imprudentemente l’esercito etiope che era quattro volte più numeroso. Gli etiopi massacrarono gli italiani e uccisero circa 6000 di soldati. Una simile sconfitta scatenò manifestazioni di protesta nella gran parte delle città italiane contro la politica coloniale in Africa. Dunque Crispi fu di nuovo costretto a dimettersi e al suo posto salì al potere il marchese Antonio di Rudinì esponente della destra.

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