Storia

Verso la guerra fredda: dall’espansione del socialismo alla destalinizzazione

Come si passò in Russia dalla diffusione del comunismo, all’affermazione del culto di Stalin, fino ad arrivare alla destalinizzazione? Una sintesi sulle vicende che caratterizzarono la Russia, guidata prima da Stalin e poi da Kruscev. Una sintesi efficace con video informativi utili.

Destalinizzazione

L’affermazione del comunismo

Il dopoguerra permette all’Unione Sovietica di uscire dall’isolamento: nell’Europa orientale, in estremo Oriente e a Cuba i comunisti conquistano il potere. Nel 1945, nei paesi in Europa Orientale liberati dall’Armata Rossa dall’occupazione tedesca, vengono insediati dei governi riformatori. All’interno di questi governi i partiti comunisti giocano un ruolo importante: in Jugoslavia, dove i partigiani hanno liberato il paese, il Partito comunista domina incontrastato. Altrove e in modo progressivo, esso si assicura la totalità del potere, eliminando gli altri partiti. In Cecoslovacchia, dove i comunisti rappresentano più del 35% degli elettori e controllano l’esercito e la polizia, alcune manifestazioni popolari e la pressione sovietica impongono, nel febbraio del 1948, il ritiro dei ministri borghesi. A livello teorico sussistono ancora dei partiti non comunisti ma essi seguono la stessa politica dei Partiti comunisti.

Il culto di Stalin e il dominio dell’URSS

Le democrazie popolari copiano la loro nuova organizzazione economica e politica da quella dell’Urss, mentre solo la Jugoslavia segue una via autonoma, e questa volontà di indipendenza nei confronti dell’Urss, ha fatto sì che nel 1948 essa fosse esclusa dalla comunità socialista. Altrove l’applicazione del modello sovietico è totale: nazionalizzazione dell’economia, pianificazione, priorità all’industria pesante, collettivizzazione delle terre. I risultati sono simili a quelli ottenuti nell’Urss: essi portano ad uno sviluppo rapido dell’industria pesante ma anche a delle difficoltà in campo agricolo.

Anche i metodi sono gli stessi: la centralizzazione e l’onnipotenza della direzione del partito, il culto di Stalin e del capo nazionale del partito, lo sviluppo della polizia politica. Quest’ultima dominata dei consiglieri sovietici, monta dei gradi processi di cui sono vittime alti dirigenti dei partiti comunisti. L’URSS diventa allora la seconda potenza economica del mondo grazie al dinamismo della sua industria. Nel 1949 essa fa esplodere una bomba atomica, mettendo fine al monopolio americano. Lo sviluppo dell’educazione della scienza e della tecnica le dà modo di lanciare il primo satellite artificiale nel 1957. L’Urss rappresenta anche il centro dirigenziale del movimento comunista nel mondo.
In cima si trova Stalin, componente nell’Unione Sovietica, il cui culto viene celebrato dai comunisti del mondo intero. Stalin rappresenta a tal punto il comunismo ed insieme le speranze di una società socialista che la sua morte, avvenuta nel 1953, riempie i comunisti d’incertezza. La denuncia dei suoi crimini fatta dagli stessi sovietici mette in gravi difficoltà l’intero comunismo.


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La crisi del socialismo e la salita al potere di Kruscev

Nel 1956 Kruscev, successore di Stalin e capo del partito comunista dell’Urss, denuncia gli errori connessi al culto della personalità. Un rapporto segreto al XX Congresso del Partito rivela gli abusi e i crimini di Stalin. Il mondo comunista ne è sconvolto. È l’inizio della destalinizzazione, che metterà fine all’unità del movimento comunista. Dappertutto si moltiplicano le critiche e perfino nell’Urss gli intellettuali reclamano maggiore libertà. Nelle democrazie popolari l’opinione pubblica chiede la liberazione degli innocenti, la revisione dei processi, un socialismo più democratico. In Polonia scoppiano degli scioperi e i manifestanti si scontrano con la polizia. In Ungheria una rivolta generale metti discussione il regime che viene salvato solo grazie all’intervento delle truppe sovietiche nel 1956. Questi avvenimenti rivelano il fallimento dittatura staliniana.

L’uno dopo l’altro, spesso con molta lentezza e molta reticenza, i partiti comunisti riconoscono i propri errori,  cambiano i dirigenti e abbandonano i vecchi metodi polizieschi. Ma il sistema politico ed economico non cambia e la crisi diventa più profonda. Il ritmo della crescita economica subisce un rallentamento, la direzione dell’economia troppo centralizzata, non conviene più a un’economia sviluppata. Pertanto, vengono applicate delle riforme: alle imprese vengono date maggiori libertà nell’organizzazione della produzione e nell’impiego dei capitali. Il ruolo dei tecnici, degli ingegneri e dei direttori aumenta di importanza, mentre quello dei quadri del Partito diminuisce.

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Gli effetti della destalinizzazione

Con la destalinizzazione la crisi è soprattutto di ordine politico. Gli abusi polizieschi sono scomparsi ma la democrazia non è stata realizzata. L’aspirazione a un regime socialista e allo stesso tempo democratico viene repressa ovunque, e si esprime apertamente solo in Cecoslovacchia dove una politica nuova viene applicata a partire dal gennaio del 1968. Vi regna allora una grande libertà di espressione, la censura è abolita e l’unanimità cessa di essere la regola. Questa evoluzione inquieta gli altri paesi socialisti e soprattutto l’Urss: nell’agosto del 1968 le loro truppe invadono la Cecoslovacchia, arrestano i dirigenti comunisti e impongono l’abbandono della politica seguita dal mese di gennaio.

La condanna più violenta dell’intervento in Cecoslovacchia è venuta dalla Cina, che denuncia il ritorno al capitalismo in Urss. I due paesi si accusano reciprocamente di tradire il socialismo e la rivoluzione mondiale. Così all’unanimità dell’età staliniana non succede solo la diversità, ma anche il conflitto; e se anche l’influenza del socialismo nel mondo aumenta e raggiunge il continente americano non resiste più un modello unico da imitare.

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